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“L’assunzione di una donna incinta è un diritto, non un’eccezione. E trasformarlo in un evento eccezionale significa trasferire cattiva informazione e penalizzare il mondo del lavoro”. Così Alice Stevanato, consulente del lavoro in Veneto, pronta a intervenire sulla sensazionalità attribuita all’assunzione di una donna incinta da parte del datore di lavoro. Una vicenda che da qualche giorno impegna giornali e programmi tv ottenendo la ribalta nazionale. E che ha trasformato un diritto in un evento eccezionale meritevole dell’attenzione mediatica. Infatti a finire sotto la lente di ingrandimento è stato il gesto considerato “eclatante” del titolare dell’azienda fiorentina. Oltre alla “trasparenza” che la ragazza ha dimostrato nel dichiarare la sua maternità nonostante avesse superato i test per l’ammissione.

“Trovo assolutamente ingiustificato il riflesso giornalistico che ha avuto questa vicenda. E ritengo necessario riportare i termini della questione sotto un profilo giuridico. Il gender gap non può essere affrontato mediaticamente e non può essere soggetto alle distorsioni delle opinioni da salotto. E’ necessario fare chiarezza, non solo come consulente del lavoro ma anche come donna” argomenta Stevanato.

L’assunzione di una donna incinta non può fare scalpore

L’assunzione di una donna incinta non può fare scalpore. La ragazza non aveva alcun obbligo di informare il datore di lavoro del suo stato di gravidanza. E l’assunzione non deriva dalla “correttezza” che lei stessa ha dimostrato nel comunicare il suo stato gravidico. Ma dalle capacità che ha dimostrato superando le fase selettive tese all’assunzione. “Le leggi a tutela della maternità esistono (si pensi alla tutela della lavoratrice madre D.Lgs. 151/2001). E si inseriscono nel più generale complesso di garanzie previste a favore della donna in tema di pari opportunità sul lavoro e di salvaguardia della sua funzione essenziale nella famiglia. Parliamo degli articoli 29 e 30 della Costituzione” spiega la consulente.

“Fin dall’inizio dello stato gravidico il datore è tenuto a garantire alla lavoratrice una serie di tutele. Come ad esempio la concessione di permessi per le visite mediche, divieto di lavoro notturno, divieto di licenziamento, possibilità di demansionamento. Quindi per salvaguardare la salute della donna e del feto. Ci tengo a dire che la questione sollevata dai giornali deve essere affrontata dal punto di vista giuridico” sottolinea.

“La lavoratrice non è tenuta a comunicare al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza all’atto di assunzione. Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza n.9864 del 6 luglio 2002. L’accertamento compiuto dal datore di lavoro relativamente all’eventuale stato gravidico costituisce violazione di legge. E infine è illegittimo il licenziamento intimato a causa della mancata comunicazione dello stato di gravidanza all’atto dell’assunzione. Anche qui c’è la sentenza della Cassazione n.2244 del 1 febbraio 2006. Le leggi ci sono, è un non senso tentare di superarle evitando di assumere”

Intervista ad Alice Stevanato a cura di EBiNConf Italia

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