Che il ruolo del manager stia attualmente subendo una vera e propria metamorfosi è sotto gli occhi di tutti.
Alla base di ciò vi sono molteplici fattori: la messa in discussione delle organizzazioni gerarchiche, la questione del significato di “lavoro”, le aspettative delle nuove generazioni e lo spostamento del mercato del lavoro verso un mercato dell’offerta.
Per non parlare poi della digitalizzazione e della super flessibilità del lavoro di oggigiorno.
Tutto ciò impone di ripensare al ruolo di manager e, aggiungerei, al significato della parola “leadership”.
Occorre quindi allontanarsi dalla oramai sorpassata concezione di manager/responsabile per spostarsi verso un nuovo significato che diamo al termine stesso.
Non si tratta infatti solo di competenze tecniche (c.d. hard skills), quanto piuttosto di nuove competenze trasversali (c.d. soft skills) che il manager d’oggi dovrebbe possedere per poter guidare al meglio un team di lavoro.
Occorre in primis avere la consapevolezza che quest’ultime skills siano allo stesso grado di importanza con il know-how, e che costituiscano il necessario fondamento di base, il primo mattone di un manager.
Le abilità di ieri non sono più quelle attese oggi e ancor meno domani. In un mondo in continuo cambiamento occorre saper stare al passo con i tempi, con le nuove tecnologie, con i nuovi metodi di lavoro.
Le competenze ricercate vanno quindi ben oltre la conoscenza della singola professione, della singola attività o dei singoli clienti.
Il manager d’oggi dovrebbe essere in grado di sviluppare una strategia o sostenerne l’implementazione nell’incertezza, accettando di adeguare costantemente il suo piano, di adattare i suoi obiettivi al breve tempo e di comprendere ed essere attento ai segnali deboli dei suoi team o del suo mercato mantenendo un occhio vigile sulla traiettoria, sul futuro.
Qual è la chiave per arrivare a ciò?
In questo complesso ruolo di equilibrista, diventa centrale avere un’ottima conoscenza di sé per comprendere meglio i comportamenti e le modalità di azione del team e quindi per promuovere la cooperazione pur sapendo valorizzare l’unicità dei singoli componenti.
Conoscersi meglio per supportare al meglio il proprio team, inteso non come unicum bensì come somma di singole Persone, tutte con abilità, skills e visioni differenti.
Aprirsi al mondo che ci circonda, informarsi, andare oltre i confini della propria azienda, osare, testare, confrontarsi con tutti, uscire dalla propria area familiare, aumentare le performance collettive.
Il manager o il leader di domani non è colui che sa, ma piuttosto colui che accompagna con umiltà e fiducia, che sa ascoltare e che spinge i propri collaboratori al meglio, che dubita, che osa…
Il manager di oggi ha capito che le Persone hanno assunto una posizione ancora più centrale nell’organizzazione aziendale e che sono stati ridefiniti quei paradigmi che per anni sono stati seguiti ciecamente.
Si pensi al lavoro da remoto e alla concezione di luogo di lavoro, di orario di lavoro, si pensi al significato che oggi attribuiamo alla parola “flessibilità”.
Il nuovo manager non può ad oggi non tener conto di ciò che lavoro non è: la sfera personale di ogni singolo componente del team. Si parla sempre più di work life balance, inteso come perfetto equilibrio tra la vita professionale e quella personale. Flessibilità che riguarda non solo la giornata lavorativa, ma la vita a 360 gradi dei collaboratori.
Esistono delle coordinate precise per disegnare il profilo dell’organizzazione aziendale perfetta?
Su quali fondamenta dovrebbero appoggiare i nuovi modelli di lavoro e di collaborazione? Non si può certo dare una risposta a tali domande prescindendo dal ruolo essenziale delle nuove tecnologie digitali, che hanno trasformato il modo di lavorare e di concepire lo stesso.
Il tutto velocizzato dalla situazione pandemica degli ultimi anni, che ha portato queste domande dritte sui tavoli del management.
A tal proposito appare interessante porre l’attenzione su una recente ricerca “NextGen Organization”, sviluppata da The European House – Ambrosetti e Workday, che analizza i fattori che influenzano l’evoluzione delle organizzazioni al fine di identificare e descrivere le leve tecnologiche che le aziende hanno per guidare la propria trasformazione.
“La sempre più rapida diffusione della digitalizzazione all’interno delle strutture organizzative offre nuove opportunità per lo sviluppo dei paradigmi di gestione delle Risorse Umane, non più soltanto finalizzati alla gestione, ma con un ruolo centrale nella valorizzazione delle risorse e nella creazione di valore per tutti i componenti di un’organizzazione”, afferma Corrado Panzeri, Partner e Responsabile dell’Innovation & Technology Hub di The European House – Ambrosetti, commentando i risultati della ricerca sopra citata.
“Sempre più, in futuro, i top executive dovranno sfruttare le innovazioni tecnologiche, i dati e i nuovi driver di sostenibilità, sviluppando un maggior ingaggio e una maggiore vicinanza con le Risorse Umane, per aumentare i tassi di retention dei talenti interni, per attrarre nuove risorse e per concretizzare nuovi modelli organizzativi”
Si aggiunge poi quanto dichiarato da Federico Franchini Country Manager, Workday, Italia. “Siamo ad un punto e in un contesto nel quale non possiamo più esimerci di basarci sui dati, dobbiamo essere capaci di ridurre l’“acceleration gap”. Essere una realtà datadriven significa utilizzare tecnologie digitali innovative connesse per fornire un accesso pervasivo ai dati il più aggiornato possibile e nel contesto del processo decisionale operativo quotidiano potendo anche agire su di essi”,- e aggiunge- “Se parliamo di risorse umane, la gestione dei talenti basata sui dati significa abbandonare i vecchi metodi disgiunti a favore di un valore aggiunto che faccia sentire tutti inclusi e supportati sul posto di lavoro, assicurando che i giusti talenti ricoprano le giuste posizioni creando un blueprint per lo skill development dei dipendenti.
Ecco allora che in un contesto come questo, Workday e The European House – Ambrosetti ritengono fondamentale sfruttare le potenzialità del digitale per abilitare nuove strategie organizzative, sviluppare nuove competenze e attivare modelli di lavoro in grado di allentare i paradossi organizzativi e fronteggiare le sfide del prossimo futuro.
In quest’ottica, le organizzazioni e i manager del futuro dovranno essere sempre più capaci di sostenere innovazione, produttività ed equità, alimentando anche processi di attraction e di engagement delle Risorse Umane.
Per arrivare a questo obiettivo, la tecnologia offre un valido supporto, a cominciare dall’assunzione di un ruolo centrale dei Manager di oggi nella definizione delle strategie aziendali.
Articolo a cura di Alice Stevanato su Leadership& Management Magazine